Trasformare

Ognuno di noi ha sperimentato nella propria vita almeno un evento che lo ha ferito profondamente, più profondamente di altri.
Ci sono eventi che riusciamo a sostenere, con sforzo e impegno li affrontiamo piegandoci, destreggiandoci tra i mille ostacoli, ma c’è quell’evento che ci spezza… il colpo è troppo forte, troppo improvviso, e noi ci sentiamo troppo deboli, sprovvisti, impreparati.

“Io che sono stata sempre così solare, sempre così forte, cnsiderata da tutti la colonna portante della famiglia…adesso mi sento a pezzi, incapace di vedere l’uscita”… Tornerò mai come prima?
A questa domanda rispondo sempre di NO: ci sono eventi che ci impongono una presa di coscienza di qualcosa che magari per anni abbiamo pouto evitare e ci obbligano a stare di fronte ad un cambiamento inevitabile.
le nostre ferite ci cambiano e questo è inevitabile. possono far crescere, attraverso le esperienze dolorose.
Il dolore fa parte della vita, sia il dolore fisico che quello emotivo: anche se non ne parliamo, abbiamo tutti sofferto, senza dubbio e colui che lo nega sta mentendo a sé e agli altri…
Entrare in contatto col la propria fragilità, fisica o emotiva è fonte di dolore e può far paura…

Ne uscirò?
Certo che sì!
Come ci suggerisce metaforicamente il Kintsugi, la rottura non rappresenta più la fine, anzi, l’oggetto frantumato in mille pezzi diventa oggetto di una nuova creazione. Grazie alla cura e all’attenzione con cui si riuniscono le parti, si ricongiungono armoniosamente le fratture che si riempiono e suturano, prende vita un oggetto nuovo, più prezioso, ma profondamente collegato con ciò che si era rotto.
Ma il kintsugi ci suggerisce che le nostre ferite psichiche possono essere riparate e accettate, lasciando ovviamente cicatrici che però, se trattate nel giusto modo, con cura e amore, possono rendere più belle e ricche le persone.

Non voltare la testa ….
Continua a guardare quel luogo ferito
Ecco da dove la luce entra in te.

Rumi

Ognuno di noi ha delle fessure o delle crepe: siamo tutti imperfetti. E abbiano tutti, in un determinato momento della nostra vita, immaginato di essere “irreparabili”.
Non è raro sentirsi disperatamente e definitivamente rotti; non è raro sentirsi spezzati e avere l’impressione che niente e nessuno potrà mai ripararci….
quando attraversiamo uno di questi momenti è bene ricordarsi dell’arte del Kintsugi o Kinsukuroi. Quest’arte ci insegna la cura, un processo in cui un materiale prezioso avrà la capaictà di riunire i pezzi, esaltandone le fratture che diverranno decorazioni ramificate, cicatrici che delineano il nuovo oggetto, ancor più unico e irripetibile.

Mediante questo processo di trasformazione e riparazione, si creano nuove opere d’arte, ognuna con la propria trama, con le proprie crepe , come fossero le ferite che lasciano tracce diverse su ognuno di noi e che raccontano una storia, la storia della sua rottura e di come sia tornata a nuova vita.
L’arte di accettare il dolore e prendersene cura, senza vergognarsi delle ferite: questa è la lezione simbolica.

Osare guardare la propria ferita in faccia, per guarirla e curarla, e magari pure abbellirla con cicatrici che sono la migliore prova del fatto che siamo vivi, che ce l’abbiamo fatta ad andare oltre, a superare quel dolore. Riuscire a crescere attraverso le proprie esperienze dolorose, elaborandole per poi valorizzarle ed esibirle senza vergogna, cosapevoli che sono proprio queste che ci rendono quelli che siamo.
Essere stati capaci di raccogliere i pezzi della propria anima spezzata, ferita, pulirli dalle emozioni nocive per il processo di guarigione, come la rabbia e il risentimento. Raccoglierli e riordinarli è un compito che aiuta a comprendere cosa è accaduto e riconoscere come lo abbiamo vissuto a livello fisico e mentale per integrare e includere quanto accaduto in un quadro più ampio e complesso della nostra vita.